Frase

Ho paura delle cose che non capisco, e non riesco a capire perché...(F. De Andrè)

sabato 9 maggio 2009

Prima riflessione

L'articolo del Professor Michael Welch mi ha suscitato due riflessioni che definirei una materiale ed un' altra filosofica.
La prima concerne problemi che ogni giorno siamo chiamati ad affrontare durante la nostra carriera educativa-scolastica. Quello delle spese penso sia in cima a questi. Credo che i soldi delle istituzioni scolastiche vengano gestiti in maniera inappropriata, che ci siano molti sprechi. Il problema però, secondo me, non si risolve tagliando i fondi per le università, per la ricerca ecc... ma si dovrebbe spenderli meglio. Ho potuto constatare, iscrivendomi all'università, che esiste un numero enorme di corsi per ogni facoltà, e porto un esempio di un mio amico che sta seguendo un corso di specialistica con due iscritti, lui compreso. Secondo me dovrebbero accorpare più corsi rendendoli più proficui all'apprendimento.
Esiste anche un investimento diverso da facoltà a facoltà. Ma forse questo è dovuto ai diversi fini istruttivi che perseguono le facoltà (anche se secondo me la facoltà di medicina vale tanto quale quella di lettere e filosofie). Un altro appunto che mi viene da evidenziare sulle spese è quanto gli studenti sono costretti a spendere per studiare. La spesa più straziante è quella degli affitti, ma poi ci sono le tasse universitarie, divise, rifacendomi al discorso degli sprechi, non proprio equamente. L'esempio che voglio riportare è quello apparso qualche mese fa sul giornale la repubblica nella pagina dedicata a Firenze (http://firenze.repubblica.it/dettaglio/la-casa-dello-studente-parla-straniero/1598517) dove si discuteva sulla disparità di trattamento per quanto riguarda l'assegnazione delle borse di studio tra studenti italiani e studenti stranieri. Il problema stava che l'azienda regionale diritto allo studio di Firenze non era costretta, e se non ricordo male neanche poteva, verificare l'effettivo reddito della famiglia dello studente straniero. Questo comportava certificazioni false a discapito degli studenti italiani che per poche centinaia di euro non potevano godere dei benefici della borsa di studio compromettendo a volte il loro percorso di studi.
Forse se, di rimpetto alle spese ci fosse una struttura adeguata e dei servizi funzionanti allora varrebbe la pena spenderli questi soldi. Parlo delle aule che non ci sono, dei computer che non funzionano, della disorganizzazione dei corsi che si accavallano, dei professori che non si fanno trovare, dei piani di studi che la segreteria ancora non ha capito come gestire ecc ecc...
Come passaggio dalla riflessione materiale a quella filosofica mi servo del “problema” dei molteplici supporti informatici (la tecnologia, il cellulare, il pc, le messaggerie istantanee, i blog e i social network) che hanno fatto il loro ingresso nel mondo dell'istruzione. Da una parte c'è da dire che sono diventati elementi di disturbo nelle ore di apprendimento (ad esempio lo squillo del telefonino durante le ore di lezione). Voglio portare qui un esempio: ad una lezione di sceneggiatura multimediale, avevamo quasi un pc a testa. Questo ci serviva per fare delle prove di usabilità di alcuni siti. Durante la lezione, non dico tutti, ma almeno la metà dei miei compagni era connesso su face-book, msn e altri social network fregandosene altamente della lezione. Sembrava quindi che il silenzio era sinonimo di attenzione. Invece no. Era sinonimo di menefreghismo. Qui viene da imputare la colpa in prima istanza allo studente. Ma come fa riflettere quest'articolo forse bisogna davvero accorgersi che le cose stanno cambiando. Forse deve nascere un modo diverso di insegnare, di instaurare un rapporto diverso tra insegnate-studente e di accettare tutte le innovazioni che arrivano, integrandoli con i vecchi metodi. Sto affrontando ora la riflessione detta filosofica. L'articolo parla anche di ambienti alienanti, di ambienti come discarica delle informazioni. Penso che questo un po' sia vero. Tempo fa ho assistito ad una lezione di storia del cinema, nella triennale, con almeno un centinaio di alunni e mi toccava stare seduto per terra di fianco al cestino dell'immondizia non vedendo neanche la faccia del professore. Oltre al problema quindi fisico-materiale (il fatto di non avere una sedia e un posto dove scrivere) nasceva il problema del contatto con il professore. Il fatto di assistere ad una lezione e non sapere neanche che faccia abbia il tuo professore penso sia veramente un problema alienante appunto. Ti senti non partecipe alla lezione, senza avere un modo di interagire, di dire la tua su qualcosa, quasi come fosse una dittatura dell'insegnamento. Niente. Tagliato fuori.
Alla fine penso, riguardo al problema dell'alienazione dello studente, che sia colpa anche della tecnologia. Ormai si fa quasi tutto attraverso un pc ed internet (iscrizioni all'università, agli esami, domande ai professori ecc ecc). Se da una parte si restringono i tempi e le distanze geografiche (non nego che sia un atteggiamento positivo) dall'altra i contatti interpersonali con i professori ma anche con gli stessi compagni vengono a mancare. Questo non so se è un bene o un male. Riflettiamoci.
Per concludere, penso che il problema di tutto questo è la non presa di coscienza di un cambiamento da effettuare nelle scuole, università ecc., integrando i nuovi media nel percorso formativo di uno studente. Bisogna sfruttare la tecnologia nel modo più proficuo possibile e non solo di contorno (come ad esempio il professore che legge quello che viene proiettato sul muro, penso che sia di una noia abnorme e di un'altrettanta inutilità).

3 commenti:

  1. Sì, ma...l'altra versione che c'entra?

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  2. E in tutti i casi, queste riflessioni fra poco non avranno più validità poichè.... http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/tecnologia/cellulari-2/cellulari-2/cellulari-2.html

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  3. Penso che il problema dei controlli sul reddito riguardi soprattutto chi ha la nazionalità italiana, non solo gli "stranieri". L'importante è, in un momento così tragico per l'istruzione pubblica, continuare ad indignarsi, a combattere per una scuola laica, di qualità e per tutti.

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